Il 20 settembre, il Ministero della Salute ha presentato all’Unione Europea un documento per illustrare l’andamento dell’epidemia di peste suina africana in Italia. Dal rapporto, diffuso in data odierna da Fanpage.it, emerge come in soli due mesi, da fine luglio al 19 settembre, nel nostro Paese siano stati soppressi 89.458 maiali. Sono numeri significativi che certificano la portata del fenomeno che ha coinvolto decine di allevamenti nel nord Italia, colpendo anche centinaia di aziende dell’indotto. Sono stati abbattuti i capi contagiati e anche quelli a rischio di contrarre la malattia, uccisi prima che si infettassero.
L’epidemia di peste suina ha coinvolto tre regioni: Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna.
Le aree colpite dai focolai di peste suina
Il report sottolinea come i focolai abbiano colpito in particolare gli allevamenti di suini delle province di Lodi, Novara e Pavia. Per capire meglio le dimensioni del fenomeno, basta dire che a Borghetto Lodigiano, il 28 agosto, erano stati infettati dalla peste suina 3.078 maiali su 3.080: tutti i capi sono stati uccisi o sono deceduti per la malattia. In alcuni allevamenti, la patologia è stata riscontrata su un solo animale, ma data l’estrema virulenza del morbo per prevenzione, sono stati soppressi tutti gli altri capi presenti. In particolare, in soli 15 giorni – fino al 13 settembre – 18.640 maiali sono stati abbattuti in otto allevamenti del Nord.
In due mesi si è quindi arrivati all’abbattimento di 89.458 maiali su 100.465.
Gli esperti sottolineano alcune incongruenze nei dati
Gli esperti fanno notare come, dalla ricerca, emergono inaccettabili ritardi nell’abbattimento dei capi presenti nei luoghi dove si sono manifestati focolai di peste suina. Inoltre, alcune incongruenze nei dati, come l’assenza di animali deceduti in allevamenti pesantemente colpiti, fanno supporre errori nella raccolta delle informazioni o anomalie.
Si teme, infatti, che gli allevatori possano aver fatto sparire le carcasse di animali morti, creando ulteriori pericoli di diffusione del virus. Secondo gli studiosi, ad oggi potremmo già aver raggiunto i 110-120mila capi abbattuti in due mesi: numeri impressionanti dovuti anche ai ritardi nell’adottare le misure di prevenzione e di controllo dell’espansione dei focolai.
Cos’è la peste suina africana
La peste suina africana è una malattia virale che colpisce suini e cinghiali selvatici, causando un’elevata mortalità negli animali infettati. È provocata da un virus innocuo per l’uomo, ma in grado di generare gravi disagi nei Paesi colpiti. Infatti, le aree interessate dall’epidemia subiscono gravi perdite economiche dovute al decesso degli animali, al costo delle misure di controllo e alle restrizioni allo spostamento e vendita degli animali e dei prodotti da essi ricavati, che potrebbero contribuire alla diffusione del virus. Possono volerci diversi anni per debellare la malattia, per la quale attualmente non esistono né vaccini né cure. Inizialmente, la peste suina africana potrebbe non presentare sintomi evidenti, se non febbre alta.
Successivamente, gli animali perdono l’appetito e vitalità. In alcune specie le estremità diventano viola-bluastre e si notano delle piccole macchie sulla cute di orecchie e addome. A quel punto i maiali infetti, ormai deboli, giacciono raggomitolati tossendo e mostrando un’evidente difficoltà respiratoria, fino a entrare in coma e morire. Nelle forme più lievi della malattia i maiali sono colpiti da polmonite, aborti spontanei, ulcere cutanee e tumefazioni sulle zampe. A causare l’infezione può essere il contatto diretto o anche indiretto, con indumenti, veicoli o attrezzature contaminati, l’ingestione di prodotti ricavati da animali infetti oppure la puntura di zecche molli che possono trasmettere il virus.